venerdì 15 luglio 2016

Aspettando Noè


  Tra complottisti, catastrofisti, profeti dell'apocalisse, scienziati confusi e scienziati in malafede, non si sa proprio più a chi dare retta. Quello che però risulta essere abbastanza inquietante è il fatto che tutte le storie, profezie, visioni, previsioni, anticipazioni e ammonizioni varie, bufale comprese, puntano più o meno nella stessa direzione: presto o tardi faremo un gran botto.
  Può essere la terza guerra mondiale, per la quale pare si stia lavorando alacremente, ma che in teoria è evitabile perché interamente originata da poche persone (ma molto potenti) per futili motivi. Potrebbe essere l'impatto di un asteroide, per il quale molti si illudono che sia in qualche modo deviabile, potrebbe essere l'esplosione del megavulcano che langue sotto il Parco di Yellowstone la cui eruzione non potrà essere fermata da nessuno, neanche dall'orso Yoghi.
  Che dire poi dell'inversione magnetica che sarebbe in grado di dare avvio ad uno sciame sismico mai visto da gente umana, in grado di cancellare grandi e piccole civiltà? Da non dimenticare la catastrofe ambientale che ci aspetta dietro l'angolo e che nonostante stia lanciando segnali chiarissimi, solamente pochi riescono a credere che potrebbe essere terminale.

Saluti all'Olanda


  Non si tratta solo dell'innalzamento di qualche decina di centimetri del livello dei mari (dovremo dire addio non solo agli atolli del Pacifico, ma anche all'Olanda), ma di quello che accadrà, anzi, sta già accadendo sotto ai nostri occhi. È praticamente di ieri la tromba d'aria che ha devastato il centro di Arezzo, un fatto che appare nuovo per la sua eccezionalità. Ma a cose del genere dovremo continuare, in modo crescente, ad abituarci. Possiamo anche discutere se il cambiamento del clima sia stato causato dall'uomo, dal destino, dalle farfalle dell'Amazzonia o dai Puffi. Fatto è che il cambiamento è in corso ad una velocità tale, che se ne rendono conto tutti, anche i più tonti e allocchi.
  Cambiamenti climatici non sono ovviamente una cosa nuova. Data la complessità del nostro pianeta, ed anche quella del sistema solare, con tutte le loro variabili grandi e piccole, assortite, sciolte ed a mazzi, tutto si muove e non è mai identico a se stesso.
  Va però considerato che determinati cicli, una volta messi in moto, partono come una valanga e non sono più raffrenabili. Tutto fa ora pensare che una di queste valanghe sia partita e non possiamo che correre ai ripari per salvare il salvabile, cioè ben poco.
  Sono decenni che si parla di "innalzamento della temperatura media" e di "cambiamento climatico", due termini dal suono innocuo, quasi rassicurante. Che saranno mai un paio di gradi in più? Se cambia il tempo potrebbe anche migliorare...
  Magari fosse così! La verità indiscutibile è che stiamo andando a crescente velocità dritti verso un cataclisma ambientale dalle dimensioni inimmaginabili.
  Non è un'esagerazione, ma è che si fa fatica ad immaginarne le dimensioni e la portata che avrà, perché non siamo in grado di vedere nel futuro. Però uno sguardo attento al passato ci aiuta a farci un'idea su quello che ci sta per cadere addosso.

Una volta era colpa dei vulcani


  Come è noto, le esplosioni di alcuni vulcani in passato provocarono danni e conseguenze mai viste. Cito giusto uno per tutti, il Krakatoa, il quale innescò una minicrisi ambientale, le cui conseguenze durarono qualche anno prima di ritornare più o meno ad una nuova normalità ambientale.
  Di una evenienza particolare in un lontano passato non conosciamo il vulcano, ma sappiamo delle conseguenze. Gli effetti furono globali, lasciando evidenti tracce nei ghiacciai, negli anelli di crescita degli alberi, nelle stratificazioni terrestri e nelle sedimentazioni lacustri e marine. Delle conseguenze ci resta traccia in racconti storici ed addirittura nelle fattezze geografiche del nostro paese, come vedremo in appresso.
  Una cronaca cinese registra per l'anno del Signore 535 un forte boato sentito in tutto in paese di mezzo proveniente dal Sud. Quale fosse l'estensione del fenomeno ce lo fa capire Cassiodoro, il quale per quell'anno ci fa sapere che: “Il sole sembra aver perduto la sua luminosità, ed appare di un colore bluastro. Ci meravigliamo nel non vedere l'ombra dei nostri corpi, di sentire la forza del calore del sole trasformata in debolezza, e i fenomeni che accompagnano normalmente un'eclisse prolungati per quasi un intero anno”.
  Proprio in quell'anno Roma era sotto assedio da parte dei Goti, ed ai drammi di una guerra che coinvolse duramente quasi tutta la metà settentrionale della nostra penisola, a partire dal 536 si aggiunsero carestie, epidemie e rovesci climatici di ogni genere.
La linea di costa del 590 d.C. visibile nei Valli di Comacchio
  Fu un crescendo di guai metereologici che culminarono nel 589, come ci narrano diverse fonti dell'epoca: "Eodem tempore tante pluvie fuerunt, ut omnes dicerent, quod diluvium inundaret, et talis cladis fuit, qualem a seculo nullus meminit fuisse." Si narra che il Tevere crebbe tanto da superare l'altezza delle mura cittadine, vale a dire che gran parte del centro urbano fu spazzato via. Non solo abitazioni ed edifici pubblici in genere, ma anche granai e depositi di vettovaglie furono devastati senza pietà e come se non bastasse vi fu una coda di epidemie implacabili. Altro che "bombe d'acqua"!
  Non solo Roma passò un guaio e sono molte le notizie per il resto d'Italia che ci danno un quadro approssimativo ma egualmente drammatico di quanti fossero i danni. Sappiamo ad esempio che la città di Verona fu interamente sommersa da una piena dell'Adige e molti fiumi della Pianura Padana, Po compreso, cambiarono il proprio corso.

Quel che si vede non si può negare


  Proprio nel nord-est dell'Italia le conseguenze furono di tale dimensione, che hanno lasciato un segno visibile sino ad oggi. Se seguiamo con attenzione l'andamento della linea di costa da Cervia (Romagna) a Grado (Friuli-Venezia Giulia) troviamo segni evidenti. Il primo si trova nelle Valli di Comacchio. Quello che resta dopo secoli di bonifiche della antica laguna è attraversato da una specie di lunga penisola. Solitamente questa stretta striscia di terra viene interpretata come linea di costa di epoca etrusca, solo perché sul lato sinistro settentrionale si trova l'antica città etrusca di Spina.
  Ma basta seguire l'andamento verso sud della lingua di terra, uscendo dalla laguna, e si vede che, dopo aver lambito il lato orientale di Ravenna passa lungo Classe (antico porto militare romano) per arrivare a Cervia. Questo vuol dire innanzitutto che non è solamente la linea costiera etrusca, ma anche romana, vale a dire che tale era almeno fino al VI secolo dopo Cristo. Inoltre la lingua di terra che attraversa le Valli di Comacchio ci dimostra chiaramente che la linea di costa fece un vero e proprio salto, attestandosi più o meno lungo la linea della Statale Romea, la quale a sua volta segue verso nord in direzione di Venezia fino a raggiungere l'inizio del cordone sabbioso, il Lido, che delimita la laguna veneta verso il mare Adriatico. Questo stesso cordone prosegue idealmente la linea della Romea, che qui invece svolta a sinistra per aggirare la laguna da ovest.
  Seguiamo allora il cordone e poi oltre la linea costiera, per incontrare di nuovo una laguna, quella che termina con la cittadina di Grado.
  Sulla formazione, soprattutto sull'epoca in cui si sarebbe formata la laguna, si rincorre una ridda di ipotesi. Chi la vuole cotta e chi la vuole cruda, non si capisce come e quando si sarebbe formata. Io vedo che, con quanto sopra detto, la laguna non può che essersi formata a cavallo del 590, anno più anno meno.
  Con il descritto diluvio tutti i corsi d'acqua che scendono dalle Alpi in tempi relativamente brevi hanno scaricato lungo la costa una quantità straordinaria di detriti misti ad acqua, una massa di terra semiliquida, la quale verso il mare ha subito, per la pressione delle onde, un compattamento orizzontale, mentre nell'entroterra un compattamento verticale che ha portato  alla formazione delle lagune. Ci sarebbe ancora molto da dire in merito, ma salto subito ad un'altra osservazione che secondo me ha il peso di una prova.
La necropoli di Aquileia
  Alle spalle della Laguna di Grado si trova l'antica ed importante città di Aquileia. In questa città anticamente c'era un grande porto, il quale, pur essendo, secondo quanto si è desunto dagli scavi archeologici, fluviale, non poteva trovarsi troppo lontano dal mare, di certo non potevano essere i circa dieci chilometri odierni. Se poi andiamo a vedere il sepolcreto romano, ad un esperto di antichità dovrebbe saltare agli occhi un fatto veramente straordinario: lo stato eccezionale di conservazione dei sepolcri, paragonabile a quello di Pompei, il che significa che fu coperto quando era ancora in uso e che l'interramento fu estremamente rapido, tanto che nessuno ha avuto più la possibilità di recuperare materiale edilizio o prendersi qualche bel pezzo di marmo lavorato per decorare il proprio bordopiscina.

La fine del mondo moderno


  Il mondo antico a questo punto finisce, come si è sempre sostenuto, con l'abdicazione forzata di Romolo Augustolo nel 475, solo da un punto di vista amministrativo o burocratico. Fisicamente e materialmente finisce con il mini diluvio del 589. In Italia scomparì gran parte della rete stradale, un buon numero di porti (Roma ad esempio), intere città, quasi tutte le strutture amministrative e di direzione politica. Scomparvero anche le varie forze armate. Per i Longobardi fu allora una passeggiata prendersi l'Italia intera, dove finire di distruggere e razziare quel poco che era rimasto.
  Dunque diamoci una regolata!