domenica 13 maggio 2018

La strage che non ci fu

Alcune considerazione sulla cosiddetta strage del "Ponte di Ferro", la quale probabilmente, anzi, sicuramente non è mai avvenuta.

1. La fucilazione
Questa fucilazione di dieci donne non è mai avvenuta e mai sarebbe potuta avvenire come raccontata nelle "testimonianze" che la dovrebbero avvalorare. Dai racconti non si capisce se si sia trattato di esercito (Wehrmacht) o SS. La Wehrmacht non può essere stata, dato che nell'area della "Città aperta" sarebbe dovuto intervenire il "Feldgericht" (Tribunale militare dell'Esercito) di Roma, il che significa che le dieci donne sarebbero comunque transitate nella "Wehrmachtshaftanstalt" (luogo di detenzione di competenza dell'esercito - alias Regina Coeli), per cui tra Polizia, Carabinieri, Comando di Roma Città Aperta e via elencando qualche pezzo di carta ci sarebbe rimasto. Non può essere stata la Wehrmacht anche in considerazione del fatto che un assalto al forno di regola era di competenza degli organi di polizia, sia italiani sia tedeschi, e sarebbe al massimo intervenuta la Ordnungspolizei e l'affare l'avrebbe trattato uno specifico ufficio di Via Tasso. Se così fosse stato, al più tardi in uno dei tanti processi tenutisi a Roma con accuse di collaborazionismo o comunque fatti legati all'occupazione della città sarebbe venuta a galla; non ultimo se ne sarebbe anche occupato il processo a Kappler e compari, nel quale non si trova traccia di questa clamorosa fucilazione. Va poi ancora considerato che la Wehrmacht arrestava e deferiva al Feldgericht chi veniva accusato di aggressione alla Wehrmacht, sabotaggio o altro, ma non di certo l'assalto di un forno, a meno che non si trattasse di uno stabilimento direttamente dipendente dall'esercito, che sarebbe stato però sorvegliato a tal punto, che nessuna donna di Roma avrebbe mai pensato di assaltarlo.
In Roma, nel perimetro di competenza della "Città Aperta" le uniche fucilazioni eseguite su sentenza ed ordine del Feldgericht sono quelle note di Forte Bravetta.
Nelle immediate vicinanze, verso Tivoli, ci fu la fucilazione di dieci uomini il 23 ottobre 1943 a Ponte Mammolo, da parte della divisione paracadutisti "Hermann Goering", episodio che a Roma rimase quasi completamente sconosciuto, essendosene occupata solamente "l'Unità" clandestina. Il fatto ebbe luogo dopo di che la popolazione di Pietralata aveva dato l'assalto al forte abbandonato dal quale i tedeschi e fascisti asportavano continuamente materiale bellico e viveri. Dal punto di vista dei Tedeschi si trattava di un attacco al proprio esercito. Quindici popolani catturati furono anche qui sottoposti a processo sul campo, per il quale restarono reclusi per una notte e vi fu anche l'intervento di un ufficiale della PAI. Dopo la guerra il fatto fu interamente chiarito, grazie alle testimonianze di numerosi testimoni diretti o indiretti. Va notato che la zona in cui accadde il fatto si trovava al di fuori del perimetro di competenza del comando tedesco di Roma, dunque era competente uno Standgericht e non il Feldgericht.

2. Il silenzio delle fonti
Il fatto del Ponte di Ferro non può essere avvenuto, dato che non esistono documenti diretti o comunque redatti a breve distanza dai fatti. Gli archivi italiani sono stati esaminati a sufficienza e non si è trovato neanche un appunto o qualche nota. Nessuna delle tante associazioni delle vittime o delle persone coinvolte in qualche modo direttamente nelle più tristi e cruente vicende romane dei "nove mesi" ha mai raccolto qualcosa che riguardasse il presunto eccidio del Ponte di Ferro. Su tutti i quotidiani romani, indipendentemente dal colore politico, a partire dal 5 giugno fino agli inizi del 1946, se non oltre, hanno pubblicato una quantità enorme di notizie relative ai nove mesi di occupazione. Gli episodi più importanti furono anche raccolti in un libro che ogni ricercatore, ma anche dilettante di storia moderna, non può non conoscere (Roma sotto il terrore nazi-fascista : 8 settembre 1943-4 giugno 1944 : documentario / Armando Troisio - Roma - (stampa 1944) - 206 p. ; 21 cm.). Silenzio totale, neanche un accenno. Un silenzio tale è impossibile, solo se si pensa quale clamore fece in città l'uccisione da parte di un ufficiale tedesco di Teresa Gullace, fatto fin troppo noto, perché vi spenda altre parole. Figuriamoci se la notizia dell'uccisione di 10 donne in un sol colpo non avesse fatto il giro della città in modo fulmineo.

3. La Resistenza Romana
C'è da chiedersi seriamente cosa si immagini ogni singola persona ogni qual volta pronunci o senta pronunciare le parole "Resistenza Romana". Questo fenomeno storico innegabile, apparentemente limitato al periodo dell'occupazione militare della città da parte della Wehrmacht, è stato estremamente complesso, variegato, difficile da definire con poche parole. Un fatto indiscutibile e fermo è che ha avuto un ruolo importantissimo per la città e per l'Italia, indipendentemente da quello che possono affermare singole persone o sprovveduti come qualche tempo addietro Pippo Baudo, che spara sentenze senza nemmeno conoscere i fatti di cui va parlando in televisione.
Forse, anche se sarebbe veramente ora, sulla Resistenza Romana manca ancora un'opera complessiva e definitiva, che ne spieghi chiaramente tutti gli aspetti, che metta ordine nelle tante versioni, alcune fantasiose se non false come abbiamo visto, che valuti le fonti esistenti in modo intelligente ed imparziale, che restituisca la dimensione e qualità effettiva di tutti gli elementi che concorsero a formarla.
Ci sono ad esempio diversi punti di vista di chi visse quei fatti, che non sempre combaciano e che a volte sembrano riferiti a fatti isolati. Per comprendere meglio, si può dire che esistono memorie parallele della Resistenza Romana che non sempre comunicano tra di loro. Esiste il filo politico della vicenda, estremamente complesso, perché si pone all'inizio di quel profondo processo attraverso il quale l'Italia transiterà dal 25 luglio 1943 al 25 Aprile 1945. In altre parole il difficile traghettamento della politica italiana dal fascismo regio alla democrazia repubblicana parte da Roma ed arriva a Milano, dove Roma è il luogo nel quale vengono poste molte premesse fondamentali per la rinascita democratica; accenno qui giusto al patto di unità sindacale del 4 giugno 1944.

4 - L'aspetto militare
Ci sono poi i due aspetti militari, quello del Fronte militare clandestino, con a Capo il Martire della Fosse Ardeatine Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo, e quello delle formazioni militari dipendenti da organizzazioni politiche, sociali o religiose, un arcipelago variegato, con poche isole ragguardevoli e tanti isolotti o barriere coralline, a volte in concorrenza tra loro, ma tutti uniti contro l'invasore tedesco ed il traditore italiano (i fascisti) e quasi tutti in collegamento con il fronte militare, che rappresenta una sorta di struttura di coordinamento, comando ed informazione, la quale faceva da ponte con gli alleati e garantiva alla Resistenza italiana, a partire da Roma, anche un riconoscimento ed appoggio internazionale. Dopo l'insurrezione popolare di Napoli il primo vero atto della rinascita nazionale italiana con la quale l'esercito tedesco viene cacciato da una grande città europea, i comandi germanici capiscono definitivamente, riflettendo anche sulla battaglia persa a Stalingrado, che in una grande città ogni esercito occupante è condannato a perdere, e dunque le cose sono due: o si evacua tutta la popolazione, trasformando la città in un campo di battaglia qualsiasi, o si fa proseguire la guerra attorno alla città, cercando di garantirsi con ogni mezzo la tranquillità nella città stessa. Anche se furono stilati dei piani in merito, non si arrivò mai all'ordine di evacuazione, che era definitivamente impossibile ed impraticabile per un grande e complesso ordine di motivi. La stessa idea di città aperta per Roma gli alti comandi tedeschi se lo erano già posto molto prima di occupare la città, e gli scopi erano diversi. Uno degli scopi principali era quello di creare un retroterra tranquillo rispetto alla linea Gustav ed avere una zona sicura alle spalle di Cassino. Ufficialmente i tedeschi strombazzano ai quattro venti la loro adesione allo status di città aperta per Roma, tanto da far disattivare i sistemi di allarme antiaereo, da un lato, e non reagire apertamente alle azioni militari delle formazioni partigiane e vietare la divulgazione di notizie relative ad atti di Resistenza. Questo per coprire l'uso strategico che si faceva di Roma, facendovi transitare convogli militari, tenendovi lazzaretti, strutture di comando del fronte, casermaggio di truppe di riserva, magazzini al sicuro dai bombardamenti. A Roma esistevano addirittura uffici militari nei quali si preparava la rioccupazione dell'Africa, convinti come erano che l'alleanza anglo-russo-americana non sarebbe durata a lungo e le "armi segrete" avrebbero risolto ogni problema militare.
È noto e risaputo, che le azioni praticamente quotidiane compiute dalle diverse formazioni impegnate nella lotta, avevano tra gli scopi principali quello di dimostrare che i tedeschi, alla faccia della dichiarazione di città aperta, utilizzavano la città militarmente. Prova ne sia, che dopo l'azione dei GAP contro una colonna della Polizia Tedesca in Via Rasella, il comando tedesco fece mettere ai limiti della città grandi cartelli col divieto di ingresso a singoli o a formazioni militari, pubblicandone la fotografia su di un gran numero di testate, allora diffuse in tutta Europa. L'effetto dell'azione di Via Rasella fu un ulteriore rallentamento dei rifornimenti di uomini e mezzi verso Anzio e Cassino, aprendo praticamente le porte di Roma all'avanzata alleata.
Importante fu l'azione complessiva della Resistenza romana anche per il fatto che tutte le sue attività rallentavano il flusso dei rifornimenti verso il fronte di Cassino o il fronte di Nettuno, e quando si parla di Resistenza Romana, si deve anche tenere presenti come parte integrante della stessa le tante formazioni che agirono nella più ampia zona attorno a Roma e che ebbero un gran numero di caduti e fucilati, dei quali si tiene memoria solo localmente nei comuni attorno a Roma, nonostante essi praticamente erano parte integrante della Resistenza romana.
Da Roma partiva anche una fitta rete informativa, alla quale parteciparono centinaia di persone, le quali in silenzio raccoglievano dati ed informazioni di rilievo militare che venivano prontamente trasmesse al comando alleato a Caserta, contribuendo in modo poco appariscente, ma sicuramente di grande effetto, alla lotta contro gli invasori.

5 - Memorie private
Non è da oggi che mi occupo della storia della Resistenza Romana, ed ho avuto occasione di sentire molti testimoni diretti, dei quali ormai ce ne restano ben pochi. Ci sono ancora tantissimi testimoni secondari, persone nate nell'arco del primo decennio dopo i fatti, oppure parenti stretti dei protagonisti, delle vittime, delle persone che erano a conoscenza di fatti diretti e che hanno vissuto di persona quel periodo e ne possono parlare. Questi testimoni secondari tramandano di solito una visione molto ristretta di quel periodo, focalizzata su quello che accadde praticamente in casa propria. Quando si trattava di una visione generale dei fatti, allora tornano a galla le cose che in quel periodo si dicevano o si sentivano dire; in parte si sentono ripetere enormi falsità diffuse dalla propaganda fascista, mentre non si sente mai parlare di fatti che storicamente, almeno tra gli esperti, valgono per assodati. Il fatto è ovvio, dato che la gente comune, pur avendo una straordinaria avversione contro gli occupanti ed un sincero e fresco odio contro i fascisti, non conoscevano e non hanno mai sentito, prima della Liberazione, i nomi dei combattenti attivi in città. La loro possibilità diretta d'informazione era limitata al proprio caseggiato, alle poche persone di cui si fidava, all'ambito lavorativo. Per il resto solo radio e giornali, i quali spargevano falsità e menzogne di ogni genere da una posizione di monopolio quasi assoluto. Anche se in città vi era una grande diffusione di giornali clandestini o di volantini, solo una parte relativamente piccola della gran massa degli abitanti veniva raggiunta, avendo i giornali ed i volantini principalmente una funzione organizzativa e motivazionale. Aiuta molto a capire da un lato cosa successe veramente e cosa si racconta ancora oggi tra la gente la lettura del libro fondamentale di Sandro Portelli (L'ordine è già stato eseguito : Roma, le Fosse Ardeatine, la memoria / Alessandro Portelli - Roma : Donzelli, \2001! - VII, 456 p. ; 22 cm.). Sia qui detto che in questo ottimo libro, dei tanti testimoni diretti ascoltati, nessuno accenna al ponte di ferro.

6 - Attentati alla memoria
È sin dai tempi dell'occupazione di Roma che si cerca di sminuire il valore, l'importanza ed il significato della Resistenza Romana. Periodicamente gli attacchi si intensificano e l'ultima occasione è stata il centesimo compleanno dell'ultimo volgare assassino nazista che operò a Roma ancora vivo. La sua stessa vicenda, con la tardiva "scoperta" in Argentina ed il ridicolo processo che in primissima istanza lo volle assolto, facevano parte di un piano ben orchestrato, che puntava direttamente alla delegittimazione della Resistenza Romana, e con essa, la delegittimazione delle basi della Costituzione Democratica, nata dalla Resistenza. Per nostra fortuna il progetto è fallito, ma le forze che vogliono cancellare la nostra Costituzione stanno riprendendo vigore ed il pericolo per le basi della nostra libertà e democrazia attualmente è più grave che mai. Ora l'episodio del Ponte di Ferro, intendo il fatto della sua genesi come legenda metropolitana che si trasforma in verità ufficiale, è solamente un episodio marginale, il quale presto o tardi sarà ed andrà a finire al massimo nelle noterelle a piè di pagina di qualche trattazione storica seria ed attendibile. Importante è che qualche sconsiderato non provi ad usare questa bazzecola come grimaldello per scardinare tutta la storia vera. Il pericolo è minimo, ma questo stillicidio continuo comunque provoca danni.

7 - Libri e carta straccia
Una ultima notazione meritano i tanti libri che vengono spesso chiamati in causa. Due già li ho citati, e vanno sicuramente consultati, ma ce ne sono molti altri che meritano di essere meglio conosciuti, magari tramite una ristampa oppure una antologia. Importante sarebbe promuovere una o più pubblicazioni che diano finalmente il quadro complessivo della storia della Resistenza Romana, finanziando ad esempio delle ricerche in merito, ma non affidate a case editrici che puntano solo al lucro e ripetono solo cavolate oppure a ricercatori superficiali, imprecisi e chiacchieroni, per non parlare di professorucoli, ignoranti loro stessi, che fanno fare "ricerche" a scolari e studenti ancora più ignoranti di loro. I soldi penso che si possano pure trovare, smettendo magari di finanziare cose veramente inutili o pagando stipendi o rimediando posti a persone che vendono solamente aria fritta.
Utile sarebbe anche una seria guida bibliografica, che aiuti le persone interessate a capire meglio quali libri conviene leggere per primi e quali non ha senso leggere, a meno che non si abbia tempo da perdere.

8. - La testimonianza di Carla Capponi
Ho conosciuto personalmente Carla Capponi, così come Bentivegna e tanti altri partigiani combattenti romani. Questa sua "testimonianza" sul ponte di ferro è molto tarda e per essere così tarda, mi chiedo subito due cose:  perché "Elena" (in nome di battaglia di Carla Capponi) non ne ha mai parlato prima di un episodio così grave? Come è possibile che dopo tanti decenni i dettagli del racconto siano così ricchi e dettagliati? Non dico altro e mantengo tutta la mia stima ed ammirazione per il coraggio di Carla Capponi e la ammiro per quello che ha fatti durante i nove mesi di occupazione tedesca di Roma.