martedì 14 luglio 2020

Per un Premio Göbbels

Sento da un paio di giorni ripetere con sospetta insistenza che, in un periodo non meglio specificato "migliaia di italiani" sarebbero stati uccisi dai "partigiani comunisti di Tito". Il linguaggio, ma oggi non se ne accorge più nessuno, è tipico delle peggiori osterie di una periferia degradata e non dovrebbe appartenere ad un servizio d'informazione pubblico. Comunque sia, ci sarebbero da chiarire alcuni punti.

1. Cosa si intende con la parola "migliaia"? Senza una ulteriore cifra che determini una quantità certa o perlomeno approssimativa, sempre nel semplice linguaggio da osteria, potrebbe essere un sinonimo di "molto" o "tanto". (es. "millenni di anni fa", dove "millenni" ha la funzione di rendere l'idea del gran tempo trascorso). Se però si vuole davvero indicare un numero preciso, la frase è evidentemente monca, dato che il numero delle vittime cui si fa riferimento oscillerebbe tra 999 e 999999, cioè più delle centinaia e meno di un milione. Per indicare un numero relativo a vittime, a quanto sembra di un evento bellico, di certo la cosa è strana, dato che di solito in casi consimili il computo è sempre il più preciso possibile.

2. Anche se, in base al comunicato ripetuto per più volte su di un gran numero di emittenti pubbliche e private, si capisce che il periodo non specificato è appunto bellico, ma non si dice in alcun modo se qui si intendano civili o militari; si indica solamente la nazionalità. Trattandosi di una guerra sarebbe il caso di chiarire quale fosse stata la posizione di queste vittime.

3. Chiarito che stiamo parlando di un conflitto armato tra due nazioni, risulta strano non solo il fatto che non venga indicato un numero quanto possibile esatto, ma non si riesce a reperire da nessuna parte un elenco con nomi e cognomi, se questi fossero noti. L'Ufficio del Ministero della Difesa "Onorcaduti" per anni dopo la fine della seconda guerra mondiale ha compilato lunghe liste di tutti i caduti e dispersi, ma non risulta, almeno a chi scrive, che l'Esercito di Liberazione Jugoslavo abbia fatto molte vittime tra le fila del Regio Esercito, ed anche se fosse si trattava di militari caduti in combattimento. Al contrario dopo l'otto settembre interi reparti italiani e migliaia di soldati ed ufficiali alla spicciolata entrarono tra le fila dell'Esercito di Liberazione e diedero un importante contributo alla liberazione da tedeschi e nazisti della Jugoslavia, cosa per la quale gli jugoslavi ancora oggi sono grati agli italiani. Non si capisce insomma chi, dove, come, quando e perché avrebbe fucilato migliaia di italiani. Se, ma non si dice chiaramente nella velina, si vuole fare riferimento alle cosiddette "foibe", anche le fonti ufficiali italiane (non le scomposte grida di scadenti rappresentanti politici), ci fanno sapere che in tutto nelle cavità carsiche furono recuperati i resti di non più di trecento salme, non tutte risalenti al periodo bellico e di cui diverse sicuramente non taliane; siamo dunque al disotto delle mille unità e non si capisce quali sarebbero queste "migliaia".

4. Visto che non esiste un elenco nominativo di queste migliaia di uccisi, potrebbe almeno esistere un monumento, una lapide, una croce, un qualcosa insomma che ricordi questo immane sacrificio. In tutte le città italiane, persino nei paesini e nelle frazioni più lontane esiste qualche ricordo dei propri caduti, indipendentemente dal fatto se la guerra fu vita o persa. Da nessuna parte si trova il monumento delle migliaia di "Italiani uccisi dai partigiani comunisti di Tito". E qui le cose sono due: o l'erezione è stata impedita da stringenti motivi politici oppure semplicemente il fatto non sussiste. E poi, tutte queste salme dove sono state tumulate? Non si ha notizia di un sacrario realizzato allo scopo. Visto che sarebbero migliaia i caduti, dovrebbe essere anche un impianto di più ettari.

5. Nel martellante comunicato si sente ben scandita la sequenza di parole "italiani uccisi dai partigiani comunisti di Tito". Chi ha redatto questo ukaze evidentemente non è una persona serena. Già avevamo visto che la parola "italiani" da sola significa, nel contesto, ben poco, ma quel "partigiani comunisti di Tito" è una frase apparentemente precisa e specificante, ma in realtà, una volta contestualizzata nel periodo storico di cui si tratta, mostra solamente una grave confusione mentale. Genericamente si fa qui riferimento all'Esercito di Liberazione Jugoslavo il cui comandante in capo era Josip Broz, detto Tito. Tale esercito era riconosciuto dagli alleati, cioè Stati Uniti, Gran Bretagna ed Unione Sovietica. Si noti poi che dopo la fine della guerra divenne la forza armata del nuovo Stato Jugoslavo; dunque un esercito regolare. Per quanto appena detto il termine "partigiani", specialmente se usato ai nostri giorni, fa capire che a scrivere questo comunicato (sia ben chiaro che non proviene dalla Presidenza della Repubblica), è un simpatizzante nazista. Per i nazisti infatti il riconoscimento da parte degli alleati non significava nulla ed anche nei loro documenti ufficiali parlavano di banditi o, appunto, partigiani. Poi quello che denota le difficoltà mentali di chi scrive e di chi ripete acriticamente le cose è la specificazione "partigiani comunisti di Tito". Cosa vuole dire veramente? Quali terribili e paurose fantasie gli rimbalzano per la scatola cranica? Se specifica che i "partigiani" erano anche comunisti a cosa si riferisce esattamente? Forse al fatto che nell'Esercito di Liberazione militavano e combattevano anche individui che non erano comunisti? Perché specificare se è noto che non tutti i membri dell'Esercito di Liberazione erano membri del Partito Comunista? Forse intendeva dire che solo i membri comunisti dell'Esercito di Liberazione si sono macchiati di crimini contro degli italiani? Abbiamo visto che nello stesso esercito combattevano degli italiani. Quelli che tra di loro erano comunisti stavano a guardare? Resta anche quel "di Tito", come se l'Esercito di Liberazione jugoslavo fosse una sua proprietà privata; cosa che non ha senso. Forse l'autore del comunicato potrebbe aver sentito dire che in Jugoslavia esistevano anche altri "partigiani", ma non ne deve aver compreso probabilmente la natura. Questi, che si chiamavano per la cronaca Ustascia (filonazisti) o Cetnici (per fortuna pochi) potrebbero aver arbitrariamente giustiziato qualche italiano, ma di solito preferivano massacrare o antifascisti o appartenenti ad altre minoranze balcaniche. Si può dire serenamente che questi "partigiani comunisti di Tito" potranno anche aver fatto qualche sbaglio, ma di sicuro non hanno "ucciso migliaia di Italiani". Evidentemente chi ha redatto questo straccio di comunicato è anche un bell'ignorante, perché non sa (o forse non vuole dire?) che negli ultimi giorni della guerra di Liberazione in Jugoslavia apparvero anche bande irregolari, spesso e volentieri di civili, che colsero l'occasione del momento per vendette private, a volte pseudopolitiche, o comunque crimini per i quali erano certi di farla franca. Si tratta di un fenomeno avvenuto anche in Italia.

  Su questa storia triste vorrei fare anche una mia riflessione da giornalista. L'informazione relativa all'evento di Trieste diffusa dalla quasi totalità dei mezzi di comunicazione è degna del "Premio Göbbels". Sembra che esista una invisibile agenzia di stampa che riesce a usare, a quanto pare a loro insaputa, tutte le redazioni come un comodo megafono per propalare urbi et orbi qualsiasi falsità. Non sono un complottista, ma qui gatta ci cova.