giovedì 9 aprile 2020

La guerra totale, anzi, virale (IV)

I Macchiavellari (IV - seguito della terza puntata)
  Quello che forse più assomiglia ad un periodo bellico è la grande trasformazione nella comunicazione. Diceva Macchiavelli, nel suo trattato della guerra, che chi vuole partecipare da protagonista in guerra: "… non solamente cangia abito, ma ancora ne' costumi, nelle usanze, nella voce e nella presenza da ogni civile uso si disforma."
  A parte i bollettini giornalieri, ai quali a volte si fa un po' di fatica a credere, i quali tendono, forse anche involontariamente, ad indorare pillole amare, ci sono personaggi che improvvisamente cambiano, oltre che abito, tono di voce e ritmo della parlata per sparare a raffica proclami, anatemi, ordini, grida, disposizioni, minacce, incitamenti, parole d'ordine (per riassumere: cazzate) quando non semplicemente sproloqui privi di senso, comunque sbagliati, se non addirittura dannosi e pericolosi.
  Esempio da parata il fenomeno di Rignano, il quale a nome del suo condominio rilascia interviste a raffica sui giornaloni, dipingendo a fosche tinte un futuro terribile per i suoi amici, evitabile solamente seguendo le sue fanfaronate. Giudica e condanna a piene mani e crede di avere davanti un palazzo dello sport stracolmo di uniformati applaudenti.
  Macchiavellico, anzi, macchiavellaro, il povero Salvini, con i suoi irrisolti guai etilici ed gli insolubili problemi di identità, che si esprimono con il continuo e vorticoso mutamento di casacche e divise. Visto che il momento storico che sta passando nella sua mente è molto grave, ora si veste in doppiopetto per dare un segno di serietà ed adeguatezza. Oltre all'abito (quando si metterà un saio?) resta quasi immutato il livello di follia delle sue esternazioni, anche perché aveva raggiunto il top con la sua richiesta di pieni poteri, tanto da far sembrare tutto quello che è andato dicendo dopo solamente un poco distante da una stravagante normalità.
  C'è poi la Meloni, poverina, che deve fare i conti probabilmente con i postumi di una infanzia difficile. Sembrerebbe che da piccola l'abbiano abbandonata davanti ad un televisore e le abbiano fatto vedere tutte le videocassette dei discorsi dei duce. Oramai parla come lui. Stessa cadenza, stesso vocabolario, stesso tono roboante, immarcescibile e vibrante. Ma va detto che riesce a dire cose più assurde di quelle che il figlio del fabbro di Predappio forgiava per le folle deliranti ed i poveri operai comunali che le dovevano scrivere a vernice sulle facciate delle case, palazzine e palazzi di paesi e città del fatidico stivale. La più bella che ho sentito ieri era: "Il governo non collabora con noi!" Ora bisogna spiegarle, che a differenza di quello che lei ha appreso dalle videocassette dell'Istituto Luce, attualmente in Italia esiste anche un'opposizione. Bisogna poi renderla cosciente del fatto, che lei stessa appartiene a tale opposizione. Essendo così, in caso di praticabilità, arrivando ad una collaborazione, sarà l'opposizione che collabora con il governo e non viceversa.
  Il massimo comunque lo ha raggiunto uno scatenato sindaco siciliano, il quale, non ostante la sua evidente dislogia, dovuta a scarsi successi scolastici ed una palese difficoltà a non esprimersi in dialetto, in perfetta posa mussoliniana urla frasi prive di senso, o che forse capisce solamente lui e quella poveraccia della sua segretaria, con sullo sfondo vigili urbani, carabinieri e poliziotti che fanno finta di non conoscerlo. Qualcuno gli avrebbe dovuto dire che prima di rilasciare delle dichiarazioni a qualche organo di stampa o televisione, dovrebbe evitare di pippare.
(IV - segue)

Nessun commento:

Posta un commento