mercoledì 9 novembre 2016

Con Trump si può

  Io me lo sentivo già da tempo, da quando Bernie Sanders era stato escluso dalla corsa presidenziale, che avrebbe vinto Trump. Era evidente, ma si è preferito illudersi che tutto sarebbe andato come previsto -da chi non si sa- e cioè che la Clinton sarebbe stata eletta.
  In un tranquillo dormiveglia ho seguito la notte elettorale, e verso le 4 di mattina mi è tornata alla mente la tragica figura di „Comical Ali“, il ministro dell’informazione di Saddam Houssein. Mentre dichiarava alla stampa internazionale che l’esercito iracheno aveva respinto quello americano, alle sue spalle si vedevano passare tranquilli i carri armati yankee. Negava l’evidenza e credeva nelle balle che lui stesso stava dicendo.
  Voglio dire con questo che mentre era evidente che Trump stava vincendo stato dopo stato, i vari commentatori ed esperti assicuravano che era molto difficile che Trump potesse avere sussesso e che se anche di misura, sarebbe risultata vincitrice la Clinton.
  Tutti stupiti poi alla fine non solo del fatto che Trump avesse vinto, ma anche delle dimensioni della sua vittoria. Sbalorditi si chiedono ora come è possibile che tanti americani, molti di loro tornati alle urne a votare dopo decenni di delusa astensione, abbiano scelto un imbroglione, maneggione, puttaniere, maleducato e mezzo matto come Trump.
  Mi viene il sospetto che anche „esperti“ politici, anche negli stessi Stati Uniti, non conoscano l’America reale, quella che vive e vegeta fuori dalla portata dei loro occhi ed orecchie, nel profondo della provincia più remota, attorno alle carceri/campo di concentramento a gestione privata, nei boschi addirittura, dove vivrebbero allo stato brado migliaia di dropout sconosciuti persino alle autorità, che fanno finta di non vedere.
  Un paese nel quale il governo si arma sempre di più contro una parte dei propri cittadini, dove sembrano normali sommosse popolari che finiscono in saccheggi dal sapore medievale, dove in alcune parti si formano milizie spontanee pronte a combattere per l’indipendenza dal proprio governo.
  Si ha l’impressione che questi esperti giudichino gli Stati Uniti sulla base dei telefilm e dei polizieschi televisivi.
  Quando nel 2006, trovandomi a Seattle dissi ad un locale che mi sarei fatto una passeggiata per conoscere meglio la città, mi sconsigliò vivamente di andare in una determinata zona dopo le 18.00; l’avrei fatto solo a mio rischio e pericolo.
  Naturalmente andai a vedere dopo le 18.00 e capii di cosa stesse parlando: mi trovai davanti personaggi surreali, molti dei quali dall’aspetto poco raccomandabile. Alle 18.10 stavo già nuovamente in una zona più tranquilla.
  Fu allora che mi venne il sospetto che un paese come gli USA, nato da una guerra civile, finita con un grande inciucio, rischiava di naufragare in una guerra civile terminale.
  Non mi ha per questo stupito più di tanto il fatto di sentire più di qualcuno parlare con grande preoccupazione della profonda divisione che l’ultima campagna elettorale ha creato nel paese. Una spaccatura che non era mai stata sanata definitivamente e che con l’elezione di Trump potrebbe rimettersi in un pericoloso movimento, il quale potrebbe portare ad uno scontro fatale.
  Staremo a vedere cosa succederà, ma una domanda ce la dobbiamo porre subito: che cosa rischiamo noi in Europa dopo questo nuovo evento?
  Io credo che a breve, se dei problemi ci saranno, saranno soprattutto interni agli Stati Uniti. Per l’Europa in questo modo si potrebbero aprire ulteriori possibilità di riformulazione della propria identità comune, delle possibilità di autogoverno e di indipendenza economica, senza il pesante alito della NATO sul collo, quel simpatico organismo militare cui i nostri governi sono supinamente sottomessi ed attraverso il quale gli Stati Uniti hanno tenuto al guinzaglio, come un cane da presa, il nostro continente.
  Il nostro problema immediato è semmai di toglierci dalle scatole immediatamente la schiera di politicantucoli che sono eterodiretti da quella classe dirigente americana che con Trump è stata clamorosamente sconfitta. Credo ad esempio che non sia tanto un problema che il KKK o la NRA abbiano supportato l’elezione del nuovo presidente, anche per una frase detta da Trump in un suo comizio: „Io sono stato uno di loro e conosco bene i trucchi che usano“. Intendo dire che comunque il cosiddetto establishment, la casta, ha subito un colpo pesantissimo, tanto che potremmo avere anche il tempo di riprenderci la nostra libertà e dignità politica e tornare al lavoro per costruire un’Europa libera, veramente unita, democratica, sociale ed ambientalmente responsabile.
  Il Italia ci si offre addirittura una occasione straordinaria: votare NO.
  Con il NO ripartirebbe un processo di ricostruzione costituzionale ed allo stesso tempo ci libereremmo di una marmaglia politica che sta mettendo a serio rischio i nostri valori fondamentali, maturati in una lunga sequenza storica di almeno 2900 e non soli, pochi e miseri 290 anni.

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